mercoledì 5 giugno 2013

ABBAZIA DI PRAGLIA






L'Abbazia di Praglia ha a mio avviso una storia molto più affascinante di quella raccontata da Umberto Eco "Il nome della rosa". Quando si dice che la realtà supera la fantasia.

Qui in realtà non ci sono delitti da scoprire, ma oltre la preghiera e il lavoro secondo le regole benedettine, c'è la conservazione dell'arte, della conoscenza, la difesa della conoscenza scientifica: in modo diplomatico alcuni Abati di Santa Giustina al quale è collegato l'Abbazia di Praglia difesero l'opera di Galileo Galilei ed alcuni di loro, in collaborazione con altri monaci scienziati di altri ordini religiosi furono in "rete epistolare" scientifica anche con  "Gli Stati Generali delle Province Unite dei Paesi Bassi" e con Parigi.



E' soprattutto grazie a Padre Benedetto Castelli che Galilei ha goduto di una certa "difesa ecclesiastica" che gli ha permesso di continuare i suoi studi, sono molto interessanti le corrispondenze epistolari tra scienziati: Girolamo Spinelli , benedettino che prese le difese di Galilei con lo pseudonimo di Cecco di Ronchitti, anch'esso Abate di Santa Giustina e di Praglia come lo era stato Benedetto Castelli, Padre Renieri Vincenzo, ed altri. Merita una trattazione storica a parte.

La cura per i libri: ad oggi Praglia è Monumento nazionale dal 1882, la sua biblioteca, dopo varie vicissitudini, conta ora oltre 120.000 libri e donazioni i personaggi eccellenti come Antonio Fogazzaro e Armando Levi Cases, ed altri. I monaci sono anche riconosciuti a livello internazionale per il restauro dei libri antichi.











Dal 1943 grazie al suo operato per il salvataggio e conservazione dei beni di musei veneti durante il periodo bellico, godette di una legge per le Biblioteche di Monumento Nazionale.







Oltre al restauro di libri antichi e alla conservazione di beni museali quali per esempio i quattro cavalli di bronzo di San Marco durante il periodo bellico, i monaci benedettini hanno anche una lunga tradizione per la coltivazione e preparazione di medicamenti officinali.






Dal 1956 in Abbazia di Praglia si trovano anche dieci Sukkah (pannelli che servono nella festa ebraica delle Capanne a costituire i sukkòt: le capanne che ricordano l'esodo verso la terra Promessa, ogni famiglia in ricordo di ciò soggiorna in capanne mobili per una settimana). Questi Sukkah sono di arte veneta del 1730 dipinti probabilmente da Giuseppe Graziani. Questi Sukkah venivano commissionati dalle famiglie ebree venete per la Festa delle Capanne.





Quello che mi ha più impressionato comunque di tutta la lunga storia oltre alla difesa di Galilei, è il sangue freddo dell'Abate che durante la seconda guerra mondiale oltre a trattare con il governo di allora per la tutela dei beni culturali, salvava ospitandoli, ebrei, civili e ariani. I nazisti avevano il sospetto che l'Abbazia fungesse da rifugio e infatti vi fu un'ispezione fortunatamente i monaci dell'Abbazia dotata di nascondigli, riuscirono a non far trovare nessuno. Il docente universitario Armando Levi Cases potè rifugiarsi dai monaci mentre poco distante a Vò la Villa Contarini Venier fungeva da "luogo di prigionia e transito" per gli ebrei destinati ad Auschwitz.

Vale la pena visitarla è comunque un "luogo dello spirito" e si sente.




Antonio Fogazzaro a Praglia



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Antonio Fogazzaro

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