venerdì 29 maggio 2015

LE ANIME ERRANTI DELLA ROCCA DI MONSELICE

Sono tre i fantasmi che animano le notti del Castello di Monselice fatto riedificare da Romano d'Ezzelino detto il Tiranno sui resti di una antica fortificazione: quello di Avalda la sua amante e quelli di Jacopino III da Carrara e la  sua amante Giuditta.

Cominciamo da Jacopino III e Giuditta
Il 19 dicembre 1350 l'assassinio di Jacopo da Carrara da parte di un parente a lui ostile portò Francesco I il Vecchio e suo zio Jacopino III alla signoria di Padova. Eletti per acclamazione popolare la stessa notte dell'assassinio, i due Carraresi prestarono formale giuramento davanti al popolo di Padova il 22 dicembre 1350 nel corso di una cerimonia pubblica.


 
Francesco I il Vecchio con Petrarca - Jacopino III


Ma negli anni successivi la brillante carriera militare di Francesco I il Vecchio destò la gelosia dello zio. Ad inasprire il contrasto furono anche le mogli Fina Buzzacarini e Margherita Gonzaga che sollevarono il problema della successione. 

Per assicurarsi il potere, Jacopino III progettò di assassinare il nipote ed ingaggiò un tale Zambono Dotti per compiere il delitto. Francesco I il Vecchio venne a conoscenza del complotto mentre era al campo, nell'estate del 1355, si trovava a capo dell'esercito della Lega. Ritornò immediatamente a Padova e fece arrestare lo zio che fu imprigionato  prima al Castello di San Martino e poi nei sotterranei della Rocca di Monselice. Fece poi ricercare e giustiziare il suo ipotetico assassino.



L'amante di Jacopino, Giuditta, tentò di incontrare in carcere Jacopino III ma il capitano del castello di Monselice le negò il permesso. Disperata la donna riuscì a corrompere alcune guardie e riuscì a vedere per qualche minuto il suo amato rinchiuso in un buio sotterraneo del castello senza finestre nè porte. 

Purtroppo la corruzione della donna fu scoperta e Francesco I il Vecchio pensando si trattasse di una spia mandata da Venezia, la fece rinchiudere in una cella del Castello di Monselice. Inoltre Francesco i il Vecchio diede ordine di murare il sotterraneo dove era prigioniero Jacopino III e ordinò alle guardie di farlo morire di fame e di sete. Jacopino, intuita la sua orribile sorte, urlò il suo dolore nella speranza di comunicare con la sua amata che condivideva la sua stessa sorte poco lontano.

Le grida dei due amanti si udirono per molti giorni lungo le vie attorno al maniero. le loro lamentazioni erano talmente forti che i monselicesi chiesero pietà per i due amanti ma il loro destino era già segnato e dopo poche settimane giunse la loro morte. Dopo 17 anni di prigionia nel 1372 Jacopino III muore. 

Le grida di dolore non cessarono con le loro morti, anzi, secondo lo storico Carturan, il vento passando nel castello in rovina e ingolfandosi tra le gole dei camini portava con sè le grida di Jacopino. La leggenda narra che il fantasma dello sfortunato principe vaghi per i corridoi del Castello con passi incerti e lenti e con l'aiuto di un bastone. Magro, consunto appare coi lunghi capelli grigi spettinati vaga per il castello alla ricerca della sua Giuditta, mentre il vento nelle notti di Burrasca porta ancora i suoi lamenti lungo le sette chiesette. 

Mentre il fantasma di Giuditta vaga ancora oggi attorno al castello nel buoi della notte chiedendo ai passanti notizie del suo Jacopino.



Avalda

Avalda è moglie di Azzo VII di Este, Este dista pochi chilometri da Monselice, ed è un valido condottiero dell'esercito crociato che verrà messo in moto da papa Alessandro IV contro Romano d'Ezzelino  III che ormai controlla un vasto territorio strategicamente importante.

Azzo VII d'Este e Romano d'Ezzelino non erano sempre stati nemici, Azzo spesso si recava al Castello di Ezzelino a Moselice per partecipare con la bella moglie Avalda alle sontuose feste che il tiranno dava. Fu proprio in una di queste feste che Ezzelino si invaghì di Avalda e volle farla sua. 

    


Fonti storiche ci dicono che Avalda era una giovane di circa vent'anni alta,dalla carnagione chiara, capelli e occhi neri e dallo sguardo misterioso che sedusse Ezzelino. Avalda divenne la sua amante.



Nel 1237 Romano d'Ezzelino III conquista Padova, anche Cittadella e Camposampiero passano sotto gli Ezzelini. Viene conquistata anche la Rocca di Monselice che Romano dona alla sua Avalda.

Avalda non fu meno crudele del suo amante Ezzelino. Infatti oltre a praticare la stregoneria, nel tempo aveva sviluppato una sorta di mania: faceva salire nelle sue stanze dei giovani uomini e una volta sedotti, li addormentava e con uno stiletto recideva la giugulare delle sue vittime per berne il sangue. Ella credeva che il sangue di quei giovani uomini fosse un'elisir di lunga vita.

Un'altra versione dice che Avalda non bevesse il sangue dei suoi giovani amanti ma che una volta placato i suoi istinti lussuriosi, si divertisse a torturarli fino alla morte.

Riguardo la sua morte:

1 Nella prima versione Ezzelino stanco delle sue continue malefatte ordina di ucciderla e manda un sicario al castello.
2 In una seconda versione sarebbe stato proprio Azzo VII ad introdursi nel castello ed ad ucciderla dato che aveva mal sopportato l'essere stato abbandonato per Ezzelino.

Il fantasma di Avalda insanguinata vaga per il castello in cerca della pace che non può trovare.

Fu anche composta un'pera musicata da Silvio Travaglia e messa in scena al Teatro di Monselice nel 1909. Non ebbe successo, venne rappresentata solo nove volte.




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